Son qui che penso….
e sento attorno a me come reale
il ricordo del vecchio Natale
al mio paese, Oria, e i suoi odori,
insieme all’ansia di preparare onori
al presepe e alla tavola imbandita,
celebrando la gioia della vita!
Dal fumo dei camini s’avvertiva
l’annuncio della festa più aspettata,
ed ogni uomo dalla casa usciva
appena finita la nottata
per cogliere il muschio superiore,
prima di altri, perché facea furore!
E poi andava a disturbare
la vigna addormentata,
che lieta offriva
la schiena sua inarcata
per diventar capanna consacrata
dentro il presepe d’una casa “viva”.
Da qui iniziavan le celebrazioni:
specchi per laghi, carta di giornale,
polvere di tufo, vetriolo e “glioni”,
con l’accortezza di non farlo uguale
all’anno prima, com’era educazione.
E infine si dicevan le orazioni
obbligatorie per la circostanza
d’avere proprio dentro quella stanza
nostro Signore con le sue persone.
Tutto era un lungo e rispettoso rito
anche nel pensare all’appetito,
che per Natale diventava speciale!
Così le donne (senza numerino),
col tavoliere posto sulla testa,
andavan tutte al forno più vicino
ad indorar il pane e i dolci della festa.
Qell’andatura non si può copiare:
il peso sulla testa, da portare,
quell’equilibrio disinvolto e sciolto,
rendeano altero a tutte quante il volto,
e l’armonia dei fianchi in movimento
nel camminar ritmato e ed aggraziato
battea le top model del momento,
pur senz’averlo mai desiderato.
Ma c’è un odore un pò particolare
che si sentiva il giorno di Natale……
in chiesa, in casa, per le strade, dalla vicina,
aleggiava un profumo di naftalina,
quel profumo del vestito della festa
che adesso non si sente più,
ma è quello che più forte mi resta
e che mi manca di Oria
col Bambin Gesù.
Tina Massa